SUSHI DESIGN

Negli ultimi anni si sono sempre più aperti in Italia locali che propongono cibo asiatico.
Dico asiatico in generale perché, sebbene i piatti principali siano a base di sushi,
non si possono definire ristoranti giapponesi.

Uno perché il menu è molto più ampio (piatti cinesi, thai e varie contaminazioni peruviane o brasiliane…)
Due perché spesso la proprietà di questi locali è cinese
E vedremo dopo come la “visione imprenditoriale cinese” sia il vero motore di questi locali
Molto più della cucina giapponese.

Ne vorrei parlare perché secondo me rappresentano perfettamente
alcuni concetti che vado raccontando da anni
In merito al rapporto tra cucina e design nella ristorazione
al modello di business, al successo di pubblico ecc…

Fornendone una chiara rappresentazione pratica.

Tuttavia una delle mie convinzioni è anche che il mondo cambi troppo in fretta
per rendersi conto esattamente di come lo fa
Per cui alcune volte
vale la pena di analizzare le cose con più calma,
osservandole in prospettiva e cercando di ricostruire i passaggi e le motivazioni che ci hanno portato fino a qui

Questa, è una di quelle volte.

COMINCIAMO DAL PRINCIPIO

Osservare un fenomeno diffuso, conosciuto, popolare
da sempre adito a mille interpretazioni.
La cosa migliore è cercare di risalire all’inizio, a quando il fenomeno è nato, a quando non esisteva.

Inizialmente era il sushi,
che arriva in Italia verso la fine degli anni 90 del secolo scorso, insieme ad altri cibi etnici (thai, vietnamita…)
Principalmente a Milano.
In Italia esistevano già altri ristoranti etnici popolari, come il messicano ad esempio
E anche molti ristoranti cinesi.

Questi ristoranti però proponevano una cucina etnica di medio basso livello
Selezionando una serie di piatti che non sono a volte nemmeno realmente tipici della cucina cinese
Gli spaghetti di soia, il pollo al vapore,
Sono però quelli che incontrano più facilmente il gusto del pubblico Italiano che è disposto ad assaggiare sapori diversi
ma non troppo diversi!

Questa capacità di “adattamento” ai gusti del pubblico
è una delle caratteristiche che gli imprenditori cinesi hanno.
Non solo loro certo,
ma è una delle caratteristiche che li differenzia molto ad esempio dai ristoratori giapponesi
che invece sono molto più “tradizionalisti” e a volte intransigenti quando si parla della loro cucina.

Succede anche agli Italiani.
Quando vi domandate perché non esistano catene internazionali di cucina italiana all’estero di proprietà di italiani
Nonostante la cucina italiana sia una delle più diffuse e conosciute
È per lo stesso motivo

Gli italiani che vogliono fare ristorazione italiana all’estero
spesso sono tradizionalisti e integralisti (giustamente per carità)
E non sempre riescono a conciliare la cosa con le abitudini alimentari del luogo

Gli imprenditori che hanno catene di cucina italiana all’estero ed hanno successo
adattano alcune scelte al gusto del pubblico
E il più delle volte, proprio per questo, non sono italiani.

Va be

Imprenditori cinesi, spesso di seconda generazione quindi praticamente italiani,
capiscono il potenziale del sushi e decidono di “democratizzarlo”
Cioè renderlo disponibile a più persone e a prezzi più accessibili

Inizia l’era degli “all you can eat”

Dapprima la formula è a buffet oppure Kaiten (i nastro trasportatore sui cui girano le singole porzioni)

L’idea è quella di offrire un locale molto grande, 150-200 posti a sedere
dove cenare scegliendo a buffet o a prezzo fisso
o pagando in base al colore e al numero dei piattini con singole portate che girano sul kaiten

Questa formula però dopo qualche anno inizia a mostrare i suoi punti di debolezza.

Il servizio a buffet implica di preparare sempre enormi quantità di cibo anche nei giorni in cui l’afflusso non lo giustifica
Con un grande spreco di prodotto (che essendo pesce crudo) se non consumato va buttato

Inoltre l’idea del “mangio tanto e spendo poco” attrae un pubblico non propriamente “desiderabile”
e in parte ne allontana un altro, magari egualmente interessato al tipo di cibo esotico,
ma scoraggiato dall’aspetto un po’ squallido dei locali e dalla formula “da barboni” dell’offerta.

LA SVOLTA

Io colloco la svolta di questi locali verso la meta degli anni 2010.
E ho una mia personale teoria che vi provo a raccontare
Che consta di due elementi fondamentali intrecciati in modo nuovo:
Il modello di business e l’interior design.

Iniziamo da quest’ultimo.

L’INTERIOR DESIGN

Quando si parla di design, di tendenza, di stili è facile osservare quello che succede oggi
Basta guardarsi intorno e vedere come molti locali di sushi abbiamo un design ispirato ad una matrice comune.

La cosa interessante per me invece è andare all’inizio di tutto ciò
Quando ancora questa matrice non esisteva
Quando qualcuno per primo ha iniziata ad utilizzarla

Ebbene per me l’origine del designi questi locali ha una data un nome e un cognome

Nel 2013 infatti apre a Milano TAYO
Un ristorante disegnato da Maurizio Lai.

https://www.laistudio.com/

A guardarlo oggi, dopo 10 anni, sembra uno dei tanti ristoranti di sushi che esistono in Italia
Invece è stato IL PRIMO LOCALE che ha utilizzato questo linguaggio.

E si trattava di un linguaggio AUTORALE
Ovvero frutto della sperimentazione portata avanti negli anni da Maurizio Lai
Sull’uso della luce, dei materiali, della moltiplicazione degli spazi, delle trasparenze delle riflessioni.

Non voglio mettermi qui a interpretare il lavoro di Maurizio,
che è un mio amico e che considero un genio in questo campo.

Ma non so quanti oggi riconoscano, capiscano o semplicemente conoscano le basi del suo lavoro.

Dopo TAYO che ha avuto un immediato riscontro
Il suo lavoro è andato avanti continuando a sperimentare il suo linguaggio in molti ristoranti di questo tipo.
DON, SUSHI CLUB, MOYA… fino all’ultimo IYO

In ognuno di questi si può notare una innovazione, una ricerca, una evoluzione di questo linguaggio
Che lo porta a sperimentare sempre nuove soluzioni di illuminazione, di abbinamento di materiali, di invenzioni scenografiche
Completamente nuove

I suoi locali non sono “arredati” nel senso tradizionale del termine
Non ci sono arredi oltre alle sedute e ai tavoli
Tutto è scenografia, visione, emozione pura.
I soffitti, le pareti sono trattati come textures
Che moltiplicano, espandono, smaterializzano gli spazi grazie a giochi di riflessioni e illuminazioni a led
Con una libertà e una forza compositiva che non si era mai vista prima.

E hanno successo
Non solo presso il pubblico
ma anche presso il mondo del design che, non a caso, premia il suo lavoro ripetutamente con riconoscimenti internazionali.

Successo super meritato!

Ma questo successo non passa inosservato nemmeno agli imprenditori cinesi.
Che hanno una grande virtù
che corrisponde anche al loro più grande difetto.

Se una cosa funziona e fa soldi
Loro la copiano.

Cosi come prendono un piatto di successo come il sushi
e invece di aprire homakase con pochi posti,
aprono locali da 300 coperti.

Allo stesso modo capiscono che i locali realizzati con questo stile danno loro un vantaggio assoluto.
All’inizio forse più per un desiderio di emulazione (la competizione tra i cinesi è sempre molto forte)
Ma successivamente (più o meno consapevolmente)
per un ragionamento che provo a descrivervi
e che riguarda l’altro aspetto ovvero

IL MODELLO DI BUSINESS

Abbiamo visto come pur profittevole il modello all you can eat presentava alcuni problemi
Primo fra tutti il buffet e quindi l’enorme spreco di cibo
Secondo la scarsa attrattività di questi locali basati esclusivamente sulla convenienza del prezzo,
che li facevano comunque percepire come di bassa qualità

Invece questi nuovi locali risolvono e capovolgono completamente la situazione.

Il PRODOTTO è di qualità media, ma adatto ai gusti del pubblico di riferimento
Permette di contenere comunque i costi di una cena tra i 25 e i 30 euro

Non serve quindi speculare sul fatto che usino prodotti di scarsa qualità
Piuttosto propongono prodotti semplici estendendo l’offerta a cibo cinese e thai
Il buffet è sostituito con un servizio alla carta
Un menu da cui puoi scegliere e ordinare in autonomia sia cartaceo che on line

Un menù alla carta però, impone di risolvere un altro problema: il SERVIZIO
Con un menù alla carta, invece che a buffet, normalmente ci vuole del personale in sala
in grado di spiegare i piatti, di “venderli” ai clienti, di armonizzare il servizio con i ritmi della cucina.

La cosa più difficile di ogni ristorante: il SERVIZIO AL TAVOLO

In questi locali invece, il servizio è praticamente inesistente
Il personale di sala è spesso cinese, a volte non parla una parola di italiano e si limita a portare avanti e indietro le portate.
In qualsiasi altro locale un servizio di questo tipo riceverebbe tonnellate di critiche e recensioni negative
Qui invece viene tranquillamente accettato,
visto che l’ordine è fatto spesso da una applicazione
il menu fotografico fornisce tutte le indicazioni necessarie per scegliere,
e la percezione continua ad essere quella quantitativa più che qualitativa

Non un singolo piatto super ricercato con uno chef che mi spiega la provenienza del salmone o dei gamberi
Ma una serie di roll di riso con varie salse che li rendono gustosi, divertenti, che mi saziano e non mi fanno spendere eccessivamente.

Ma per funzionare un locale del genere ha bisogno di un ingrediente magico che renda tutta l’esperienza comunque attrattiva, non avendo un prodotto eccezionale e disponendo di un servizio approssimativo
E questo ingrediente è il DESIGN.

Eh si
Perchè questi locali hanno un design STREPITOSO!
Sono moderni, eleganti, lussuosi, danno la sensazione agli avventori di trovarsi a Dubai anziché nella provincia italiana
E pur essendo degli all you can eat, fanno scomparire definitivamente qualunque sensazione di “aspetto squallido dei locali” e di formula “da barboni” dell’offerta.

Anzi
La sensazione è proprio opposta.
Si ha la sensazione di potersi permettere una cena esotica, in un locale di design, a soli 25 euro!

E il successo di questa formula è sotto gli occhi di tutti
Tanto che ormai non saprei dire se in Italia esistano più pizzerie o sushi restaurant.

Mai come in questo caso mi sembra evidente come il design sia il vero ARTEFICE di questo successo
E che senza questo design questo genere di locali non avrebbe avuto lo stesso impatto.

Ma come ho detto
se tutto è iniziato a Milano con Maurizio Lai
Con un design Autorale ispirato alla sua poetica e alla sua ricerca

Poi cosa è successo?

E’ successo quello che vado spiegando da anni ormai

Ovvero che un design da AUTORALE
(dove si riconosce l’autore)
diventa DI TENDENZA
(dove si riconosce lo “stile”)

Cioè il pubblico lo apprezza e gli operatori del settore lo iniziano ad utilizzare sempre di più.

Ma quindi significa che tutti i locali di sushi li ha disegnati Maurizio Lai?
Conoscendolo mi viene da ridere,
ma no, non li ha disegnati tutti lui.
Diciamo che li ha “ispirati”.

Ma allora chi li ha progettati tutti questi locali ?

Potrei dirvi che la richiesta di questo genere di locali si è fatta via via sempre più pressante
Al punto che diversi studi di architettura (alcuni che non avevano mai progettato un ristorante prima)
hanno iniziato a disegnare locali di questo tipo.

Dando una occhiata ai siti di alcuni di questi studi
si può vedere come nel loro portfolio esistano praticamente solo progetti di ristoranti di questo tipo.

E attenzione
Sono tutti progetti e locali di altissima qualità!
Sono bellissimi
Molto ricercati e il più delle volte impegnativi anche sotto il profilo dell’investimento.

Lo “stile” di Maurizio Lai (lo so che si incazza 😉
Dopo 10 anni è diventato lo stile dei locali di sushi!

E si è ulteriormente evoluto, arricchito di nuove sperimentazioni
portate avanti da altri progettisti che, locale dopo locale, hanno aggiunto a questo linguaggio nuove idee e nuove soluzioni.

Ultimamente ho visto aziende di arredamento specializzate nell’allestimento di questi locali,
e manco a dirlo, spesso sono cinesi con manodopera cinese.

Una specie di chiusura del cerchio
Ormai se li fanno da soli!

LA SITUAZIONE OGGI: IL DESIGN DELLA CATEGORIA

Ho voluto raccontare da dove secondo me è partito tutto
perché trovo giusto testimoniarlo

Ma oggi non si può più parlare di uno stile AUTORALE
E forse nemmeno più di uno stile di TENDENZA

Oggi siamo al terzo livello di trasformazione del design
Ovvero quando il design diventa espressione di una CATEGORIA di locali

Ecco perché parlo di SUSHI DESIGN

Le soluzioni proposte oggi in questi locali, sono mediate da show room, studi televisivi, club e discoteche
Non hanno nessuna volontà di raccontare il Giappone o il cibo etnico
Sono spettacolari perché servono a rendere speciale l’esperienza
E lo fanno con uso di materiali lussuosi, di luci tecnologiche, di scenografie luccicanti che servono proprio ad attrarre il pubblico.

Questi ristoranti, soprattutto in provincia, hanno contribuito a diffondere una idea di ristorazione basata sull’intrattenimento, sulla qualità dell’ambiente
Laddove per la maggior parte i locali erano ancora vecchie pizzerie con le tovaglie rosa e le luci fluorescenti
O dove il ristorante cinese era quel luogo con le lanterne rosse all’ingresso dove all’uscita dovevI buttare i vestiti impregnati di odore di fritto.

Ed è un bene.
Perchè il design in questi locali trova la sua massima utilità
Ed io come progettista di locali non posso che esserne contento.

C’è solo un aspetto che vorrei sottolineare a questo punto
Che deriva più dal modo in cui io progetto i locali (ma che ovviamente non è l’unico)

Io infatti sostengo che il design possa essere considerato un potente strumento di marketing
In grado di attrarre i clienti nel proprio locale
E le cose dette fino ad ora penso lo dimostrino pienamente

Ma oltre a questo il design può essere anche uno strumento per affermare il proprio posizionamento e la propria identità di brand.
E questo, quando il design diventa di CATEGORIA, risulta un po’ più difficile.

Il Sushi Design ad oggi risponde solo al primo di questi aspetti
È in grado sicuramente di attrarre i clienti grazie alla sua bellezza e al gradimento del pubblico
Ma non di identificare il brand.

Il Sushi Design è sostanzialmente “indifferenziato”.

Pur essendo tutte le soluzioni proposte nei vari locali una più bella dell’altra, una più originale dell’altra,
sono diventate una sorta di “linguaggio” (o stile se preferite)
in cui le varie soluzioni si possono comporre liberamente, insterscambiare e sovrapporre

Ottenendo risultati parzialmente diversi ma sostanzialmente simili.
Come una lingua
Puoi dire cose diverse ma stai usando lo stesso linguaggio.

Questo rende indistinguibili i vari brand
Che magari sono conosciuti localmente, che magari hanno più locali sotto lo stesso nome,
ma che nella percezione del pubblico sono indifferenziati

Sono dei ristoranti di SUSHI ALL YOU CAN EAT

Questa non è una definizione negativa,
semplicemente si ricorda la CATEGORIA e non il singolo BRAND.

A dimostrarlo credo sia sufficiente ricercare su internet immagini di locali sushi all you can eat
come ho fatto io, casualmente, senza particolari filtri

Un risultato è quello allegato
Una decina di immagini di altrettanti locali diversi (ma potrebbero ovviamente essere molti di più)
Realizzati in parti diverse di Italia da progettisti diversi
Nei quali credo sia evidente la matrice comune per quanto riguarda il design
Ma invece non sia altrettanto semplice distinguerli gli uni dagli altri.

Una cosa simile era già accaduta in Italia negli anni 1990 del secolo scorso
Quando i locali di maggior successo erano i PUB o le BIRRERIE

Ognuno di loro aveva un nome: Molly Malone, Kelly Green, Mullingan’s, McKillen, McCallan, McGregor
E magari localmente erano anche conosciuti come tali

Ma più in generale erano tutti PUB, magari PUB IRLANDESI o PUB INGLESI per gli intenditori
Ma essendo caratterizzati da un DESIGN simile, tutti i locali disegnati cosi diventavano un PUB DESIGN

Proprio come oggi esistono KAY, KISEN, MASA, MOA, SANSHI, SUSHY, SHIS… (invento senza offesa per nessuno ovviamente)
Ma fondamentalmente sono tutti SUSHI DESIGN

Tutti belli.
Tutti simili.

CONCLUSIONI

Quella fin qui presentata è una ANALISI, compiuta da me ovviamente,
Pertanto magari né completa né esaustiva, ma comunque orientata ad un principio di oggettività.

Ho cercato di descrivere quello che secondo me in questi ultimi 10 anni è successo
citando alcuni protagonisti e facendo riferimento ad alcuni locali e colleghi che hanno realizzato progetti in questo settore.
(Tra cui ci sono anche io, ma non voleva ne poteva essere una inutile analisi autoreferenziale)

Loro hanno tutto il mio rispetto e la mia sincera ammirazione per il lavoro che hanno svolto,
tanto da essere citati proprio per il contributo positivo che hanno dato allo sviluppo di questo linguaggio

Non c’è nessuna CRITICA che io sollevi nei confronti di nessuno.
Anzi, l’intento è quello proprio di dimostrare come

il DESIGN di qualità sia ormai un elemento essenziale per determinare il successo di una attività di ristorazione.
In questo caso addirittura il principale.

Inequivocabilmente.

[*] Non ci sono volutamente references nelle immagini allegate
Si tratta di locali diversi – Tutti belli
e di progettisti diversi – Tutti bravi


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